Come non dare ragione ai nostri nonni quando ci raccontano che, ai loro tempi, certe cose manco si sapevano. Oggi no. Non è così. Il terremoto, se non lo senti fisicamente, lo senti perché su Facebook e Twitter non si parla d'altro (per non parlare delle notifiche push sullo smartphone.
Per carità, la sensibilità a certi avvenimenti è diversa in ciascuno di noi (e nessuno lo mette in dubbio). In dubbio c'è, però, il potere suggestionante dei social network. Il profilo Twitter ufficiale dell'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è uno strumento potentissimo. Qui non se ne discute l'importanza quanto piuttosto l'uso distorto dello strumento da parte della rete.
Molti dei fenomeni sismici che stanno attraversando l'Italia negli ultimi giorni sono, in effetti, fenomeni moderati che la stragrande maggioranza della popolazione non ha avvertito e, diciamolo, se non ci sbattessero in faccia centinaia e centinaia di articoli su come salvarsi dal terremoto, cosa fare in caso di terremoto, che danni può provocare un terremoto, a noi continuerebbe a scivolare, senza problemi, tutto addosso.
Il ridicolo, però, si rasenta con quelle app tremende che, ad ogni minimo rilevamento dei sismografi fanno seguire una notifica push sullo smartphone. Una moda assolutamente aberrante. Ad ogni terremoto, con un ritardo di una ventina di minuti circa, corrisponde un trillo sullo smartphone. Ma è proprio in quel ritardo (fisiologico perché legato ai tempi di rilevazione dei centri sismici) l'inutilità di sistemi di aggiornamento real time quali Twitter o le famosissime app.
Insomma per la sola parola terremoto Google restituisce circa 13 milioni di risultati. Quella sola parola è cercata in media 500000 volte al giorno solo in Italia. La domanda, allora, sorge spontanea: ma non è che stiamo esagerando? A cosa può mai servirci un sistema che ci avvisa, con 20 minuti di ritardo, su un evento sismico?